Mattia Minghetti - Psicologo Infantile | Psicologia dello sport
Mattia Minghetti, Phd, Psicologo Infantile, Psicoterapeuta
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6 – Psicologia dello sport

Lo psicologo dello Sport si occupa della formazione, tramite interventi individuali o di gruppo, dello staff dirigenziale, degli arbitri, degli allenatori, istruttori, degli atleti di sport individuali o di squadra. Particolare attenzione meritano i settori giovanili, perché necessitano di una mediazione continua tra la società sportiva, l’atleta minorenne a la famiglia. Ognuna di queste tre realtà ha obiettivi differenti, che spesso non coincidono tra loro: queste discrepanze e false aspettative troppe volte conduce all’abbandono dell’attività sportiva, che è un aspetto deleterio per l’educazione dei ragazzi.

Lo sport è una grande risorsa per la crescita e lo sviluppo dei bambini, e il compito dello Psicologo dello Sport è tutelare queste realtà attraverso incontri tematici e individuali per genitori, allenatori e giovani atleti.

L’importanza della psicologia nello sport

La mente è assolutamente fondamentale nel raggiungimento dei risultati, anche per gli atleti. La psicologia dello sport è una parte molto piccola, ma è estremamente importante quando si vince e si perde le gare per centesimi o addirittura millesimi di secondo.
(M. Johnson, velocista, oro olimpico ad Atlanta 1996)

L'abbandono dell'attività sportiva

Lo sport è fondamentale per uno sviluppo corretto del bambino. Sviluppare l’intelligenza motoria è importante come e quanto l’intelligenza cognitiva.

Lo sport promuove, sia direttamente che indirettamente, la cultura della salute, come la forma fisica necessaria per le discipline sportive o le visite mediche periodiche alla medicina dello sport.

Essere sportivi ha una funzione sociale fondamentale, per tollerare le frustrazioni e imparare cose utili per il futuro (come nuotare, per esempio)

Ciononostante sempre più giovani si allontanano dallo sport e questo avviene per molteplici motivazioni: spesso il ragazzo si avvicina alla disciplina sportiva con motivazioni sbagliate, con la voglia di diventare uno di quegli idoli che vede alla TV, ma senza la disponibilità al sacrificio per arrivarci. A volte sono i genitori a far passare il messaggio sbagliato, altre volte è la società più in generale, ma il risultato è il medesimo: il ragazzo cerca scorciatoie più soddisfacenti, come i videogiochi, ad esempio.

Promuovere una cultura sportiva corretta dovrebbe essere un dovere, non solo dello Psicologo, ma di tutta la società.

Obiettivo: vincere o formare?

Molte società sportive e molti allenatori vogliono vincere. Questo è giusto quando si parla di squadre di adulti, ma le società giovanili e gli allenatori dei ragazzi hanno come dovere primario la formazione e l’educazione dei loro allievi, prima ad essere futuri uomini e solo dopo (ed eventualmente) futuri campioni sportivi.

A volte, purtroppo, la ricerca del risultato immediato fa perdere di vista il dovere educativo delle società sportive: non è infrequente vedere il disinteresse per i ragazzi al di fuori del campo di gioco, promuovendo indirettamente il bullismo negli spogliatoi, o pratiche non idonee. Oppure incoraggiare i ragazzi a tenere comportamenti non sportivi sul campo (ad esempio insegnare il “tuffo” in area di rigore).

l’allenatore ha un ruolo importante nella vita di un ragazzo, che va ben oltre all’insegnamento dello sport, propio come un professore ha un ruolo ben superiore all’insegnamento della sua materia di competenza. Per questo gli allenatori vanno adeguatamente formati, le società giovanili vanno orientati sul giusto focus.

Perché formare gli uomini del domani è la più grande vittoria.

Gli sport sono tutti uguali?

La risposta è ovviamente no, però alcuni psicologi sportivi ritengono che ogni sport abbia eguali schemi mentali. Questo è falso, perché ogni sport ha delle determinate caratteristiche che lo rendono unico: il tennis non è il ping-pong, anche se si gioca con pallina e racchetta; il pilota affronta situazioni ben diverse dal giocatore di golf; La quantità di stress percepito da un velista in solitario è per certi versi simile a quello di un calciatore che si esibisce davanti a 80 mila persone, ma con caratteristiche ben diverse.

Questi sono solo alcuni esempi per affermare che lo Psicologo che si approccia allo sport deve per prima cosa conoscere quel determinato sport, in tutte le sue sfaccettature. Ciò che deve essere messo in primo piano (oltre alla persona, ovviamente) è lo sport stesso, con le motivazioni e le scelte che gli gravitano attorno.

Accettare la sconfitta per arrivare alla vittoria

Nella mia vita ho sbagliato più di 9000 tiri, ho perso quasi 300 partite, 26 volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto.

(M. Jordan)