Mattia Minghetti - Psicologo Infantile | Psicoterapia per l’infanzia e l’adolescenza
Mattia Minghetti, Phd, Psicologo Infantile, Psicoterapeuta
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2 – Psicoterapia per l’infanzia e l’adolescenza

La Psicoterapia ad indirizzo Psicodinamico per l’infanzia e l’adolescenza trae le sue basi teoriche dalla prima metà del ‘900, attraverso il lavoro di terapeuti come Melanie Klein, Anna Freud, e Donald Woods Winnicott: la peculiarità del contesto, i problemi specifici del transfert, e soprattutto del controtransfert, le difficoltà nei rapporti con i genitori, rendono la psicoterapia infantile e adolescenziale molto diversa dalla psicoterapia rivolta a pazienti adulti. Gli adulti utilizzano la parola come forma privilegiata di comunicazione, gli adolescenti lo fanno in modo improprio e i bambini, anche se sanno parlare, danno un peso alle parole minimo.

Per l’esercizio della Psicoterapia, è necessaria una specializzazione post-lauream di 4 o 5 anni, presso una scuola universitaria o una privata riconosciuta dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) e il conseguente inserimento nell’Elenco Speciale degli Psicoterapeuti, all’interno dell’Ordine degli Psicologi.

I figli

Si dice che i genitori rimangono giovani nei figli, ed è questo uno dei più preziosi vantaggi psicologici che essi ricavano da loro.

(S. Freud)

Aspetti specifici della psicoterapia con gli adolescenti

La Psicoterapia per l’adolescenza è una pratica terapeutica propria della psicologia clinica, che si occupa della cura di disturbi psicopatologici di natura ed entità diversa, che vanno dal modesto disadattamento o disagio personale fino alla sintomatologia grave, e che possono nuocere al benessere del ragazzo fino ad ostacolarne lo sviluppo. Questo è vero tanto per gli adulti che per i ragazzi, ma la notabile differenza è che spesso un adolescente non è consapevole di avere un problema, e può essere spinto alla terapia dai genitori, o dagli insegnanti, o dai servizi sociali. La motivazione al trattamento, quindi, va trattata con grande cura, e il terapeuta deve muoversi con grande cautela.

Con gli adolescenti il terapeuta deve  trovare un canale idoneo di comunicazione in una età difficile, in cui la fiducia viene considerata un traguardo e non un punto di partenza. L’alleanza terapeutica, che con un adulto spesso (anche se non sempre) può essere data per scontata, con l’adolescente va faticosamente conquistata. A volte non è facile mediare nella comunicazione con i genitori, perché in quella delicata età che precede la maggiore età, il ragazzo è ancora sotto la piena tutela dei genitori, ma è anche molto geloso della sua privacy. Mediare su questi due aspetti è molto complesso, e da questo passa la creazione di una alleanza col ragazzo che è la chiave primaria di ogni terapia.

Aspetti specifici della psicoterapia infantile

La Psicoterapia infantile è una pratica terapeutica propria della psicologia clinica, che si occupa della cura dei disturbi psicopatologici dei bambini. Solo attraverso una specifica formazione il professionista può gestire le specifiche difficoltà relazionali che si incontrano nel percorso con i bambini: per loro il linguaggio non è la principale forma di comunicazione, quindi la parola, che è il metodo tipico di comunicazione tra adulti, ed è lo strumento terapeutico per eccellenza, risulta inefficace, sia per la diagnosi, che per il percorso di cura. Con i bambini è necessario utilizzare il gioco e il disegno come principali forme di comunicazione, per capire i meccanismi mentali che li caratterizzano. Quindi, analizzare il disegno e interpretare il gioco sono aspetti peculiari della psicoterapia infantile, che comportano un “mettersi in gioco” maggiore rispetto alla terapia con gli adulti, perché il terapeuta sovente si trova a disegnare e giocare con il suo piccolo paziente, mediando tra il rigore del setting terapeutico e l’importanza di infrangerlo per dare al bambino quella relazione autentica di cui ha bisogno.

Inoltre la terapia con il bambino passa necessariamente per il rapporto con i genitori e, spesso, con altre figure o strutture “sociali” (la scuola, l’insegnate di sostegno, l’allenatore) con cui il terapeuta deve interfacciarsi in modo periodico.